sabato 29 settembre 2012

SEMPRE PIU' INGEGNERI PORTOGHESI EMIGRANO IN BRASILE. ALLO STUDIO ANCHE IL RICONOSCIMENTO DELLA LAUREA

Sono sempre più numerosi gli ingegneri stranieri che vanno a lavorare in Brasile: nel 2010 sono stati 3.800, nel 2011 il numero è aumentato a 4.700, e per l'anno in corso le previsioni indicano in 5.500 il numero di laureati in questa materia provenienti da paesi esteri.
Nel Paese sudamericano manca la manodopera specializzata e, d'altra parte, ci sono nazioni dove invece il lavoro scarseggia. Ecco così spiegato il motivo del trend in crescita.
A fare la parte del leone, complice la lingua comune, sono gli ingegneri portoghesi.
Pur restando un numero ridotto rispetto al totale, la loro presenza negli ultimi anni risulta avere una crescita più veloce (dai 21 nel 2010 si è passati ai 63 nel 2011 e la previsione per l'anno in corso è di 75 unità).
Ma da qui in poi l'iter burocratico per loro potrebbe essere ancora più in discesa.
All'inizio di questo mese gli organismi dirigenti delle università brasiliane insieme a quelli delle università portoghesi hanno siglato un protocollo di intenti per identificare entro sessanta giorni i meccanismi necessari al riconoscimento del diploma di laurea in Ingegneria finora non riconosciuto in Brasile.
In cambio il Portogallo offre visti di residenza ai brasiliani che investano minimo un milione di euro sul mercato finanziario, o aprano una società che dia lavoro ad almeno 30 dipendenti, o ancora a chi acquisti un immobile per un valore di almeno 500 mila euro.
Dopo cinque anni di visto provvisorio, l'investitore avrà diritto a chiedere la residenza permanente.
Per ora l'offerta non sembra avere avuto grande successo, anzi!
L'investimento diretto di imprenditori del Paese sudamericano nella "madrepatria" europea è sceso nel 2012 del 16% rispetto all'anno precedente.


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sabato 22 settembre 2012

MISSIONE DI PASSERA A BRASILIA DOPO GLI ELOGI DI MARCHIONNE

Marchionne dice che il Brasile è meglio dell'Italia perché finanzia la Fiat, ed ecco che il ministro dello Sviluppo Passera vola in Sudamerica per incontrare il suo omologo brasiliano Fernando Pimentel  e gli imprenditori italiani presenti in loco.
Nella due giorni di incontri bilaterali (18-20 settembre) si è parlato anche di incrementare l'arrivo di capitali brasiliani in Italia, un argomento che interessa molto al nostro ministro.
"Non abbiamo percepito preoccupazioni o lamentele da parte dei nostri industriali presenti qui in Brasile - ha dichiarato Passera in un'intervista alla Folha di San Paolo. - Mentre, per quanto riguarda l'attrattiva che l'Italia può esercitare su eventuali investitori stranieri, devo ammettere che da noi c'è molta burocrazia. Semplificare i processi e avere uffici in cui concentrare le informazioni riguardo alle relazioni con l'estero potrebbe aiutare".
Quanto alla Fiat ha rinviato eventuali commenti a dopo l'incontro previsto per oggi. Ma ha rassicurato i partner sudamericani circa il fatto che il "caso italiano" non avrà ripercussioni sull'azienda automobilista in Brasile.

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giovedì 20 settembre 2012

OPERE PUBBLICHE: I SOLDI CI SONO, MA NON SI TROVANO INGEGNERI. NE SERVONO BEN 300 MILA

C'è chi i soldi non li ha e deve licenziare e c'è chi invece avrebbe i soldi da investire ma ha difficoltà a trovare imprese e mano d'opera specializzata.
E' il caso del Brasile, che ha previsto un investimento per i prossimi cinque anni di 328 miliardi di reais (125 miliardi di euro) per ammodernare la propria rete di trasporto pubblico, ma sta incontrando difficoltà a reperire sul mercato aziende dotate dei macchinari necessari e figure altamente professionalizzate per la progettazione.
A lanciare l'allarme è stato recentemente l'assessore ai Trasporti Metropolitani di San Paolo, Jurandir Fernandes. "Se la realizzazione di nuove linee metropolitane in San Paolo è bloccata non è per mancanza di finanziamenti ma per l'impossibilità di reperire sul mercato i macchinari necessari", ha dichiarato.
E in effetti per acquistare alcune macchine, come per esempio gli escavatori, servono ben tre anni di attesa: un'eternità per un Paese che ha fretta di crescere!
Il settore dei trasporti deve poi vedersela anche con altri comparti industriali che hanno gli stessi problemi, come quello delle costruzioni civili e l'estrattivo.
Secondo Luciano Amadio, presidente dell'Apeop (l'associazione che riunisce le imprese operanti nel settore delle opere pubbliche) il problema maggiore è quello di trovare mano d'opera qualificata.
La sua denuncia ha un che di allarmante: oggi come oggi occorrono sei mesi per reperire sul mercato del lavoro le figure professionali necessarie per far partire un progetto. Solo per gli ingegneri è stato calcolato che la carenza è di 300 mila unità.
Stando così le cose è facile pensare che la situazione farà gola alle imprese straniere, che magari soffrono in patria per mancanza di ordini o difficoltà di accesso ai crediti.
A loro viene in aiuto una ricerca recente che ha analizzato le regioni brasiliane più appetibili per gli investitori esteri.
Secondo questo studio, realizzato dalla EIU (Economist Intelligence Unit) i tre Stati più competitivi del Brasile sono quelli di San Paolo, Rio de Janeiro e Minas Gerais, dove migliori sono le condizioni per quanto riguarda le infrastrutture, le risorse umane e la fiscalità.

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venerdì 14 settembre 2012

"IL BRASILE CRESCE PERCHE' NON C'E' CONFLITTUALITA'"

Uno degli elementi che rendono possibile il miracolo brasiliano è la stabilità politica di questo Paese, la cui estensione è di circa ventisei volte quella dell'Italia.
Per spiegare come sia stato possibile raggiungerla, ho trovato molto illuminante un articolo uscito recentemente sulla Folha de S. Paulo, a firma Katia Abreu, una senatrice del Psd (Partido Social Democratico).
La Abreu prende a prestito una riflessione dell'ex presidente Fernando Henrique Cardoso, che cita testualmente: "Il Brasile che abbiamo oggi, e di cui siamo giustamente orgogliosi, è il risultato di una sequenza virtuosa di eventi politici ed economici che inizia con la nuova Costituzione, passa per l'apertura dell'economia promossa dal governo Collor, prosegue con l'abbattimento dell'inflazione e la riforma dello Stato realizzata sotto il mio governo, e avanza con le politiche di inclusione sociale del governo Lula".
Per capire meglio la portata di questa dichiarazione occorre sapere che Collor, primo presidente liberamente eletto dopo 25 anni di dittatura, è un liberal-conservatore; Cardoso, eletto dopo che Collor fu destituito per impeachment, è un esponente socialdemocratico del Psdb; Luis Inacio da Silva, a tutti noto come Lula, è tra i fondatori del Pt, partito di estrema sinistra.
Non quindi esponenti della medesima parte politica, ma di partiti tra loro anche molto differenti e in concorrenza, come succede nei paesi democratici in cui vige l'alternanza.
Una situazione anomala per l'America Latina, sottolinea la Abreu, continente in cui "vige l'ossessione della continuità (facile pensare a Paesi come il Venezuela o la Bolivia, ndr.) o l'alternanza conflittuale che finisce per distruggere o squalificare ciò che è stato realizzato dai governi precedenti".
Per la senatrice socialdemocratica un esempio negativo viene anche dagli Stati Uniti, dove "gravi problemi dell'economia e dello Stato non vengono affrontati perché le istituzioni politiche vivono una condizione di impasse permanente".
E l'attuale governo brasiliano, si sta muovendo nella linea della continuità o della conflittualità?
Secondo la Abreu le ultime decisioni prese dalla presidenta Dilma Rousseff, con il lancio di un grande programma di concessioni ai privati di strade e ferrovie a cui faranno seguito analoghe concessioni riguardo a porti, idrovie e aeroporti "alimenta un nuovo circolo virtuoso" nella sequenza di fatti elencata dall'ex presidente Cardoso.
La decisione della Rousseff di aprire ai privati, che non è stata esente da contestazioni ma è stata applaudita dalla maggioranza dell'opinione pubblica, dei politici e dei media, viene giudicata dalla senatrice socialdemocratica un esempio della capacità dell'attuale governo di affrontare e risolvere i problemi dell'economia e in particolare della competitività delle imprese.
Non manca una stoccata all'Europa, che agli occhi dei Paesi emergenti deve apparire sempre più vecchia e acciaccata.
"Persistere nella convinzione che il governo può sopperire a tutte le necessità significa scegliere l'arretratezza e la povertà e di seguito l'inflazione e la rovina dello Stato. L'Europa è lì a ricordarcelo".

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